venerdì 12 agosto 2005

Night’s out

Guidare di notte è una metafora. Come le pietrine delle fiabe, i triangolini riflettenti che delimitano il bordo sono una traccia, ma ricostruisce in avanti, perché a nulla devo tornare. Le autostrade, ma soprattutto le consolari sono immense piste di rullaggio. Costeggio o attraverso delle città che parlano. Dicono “Bertolotti mobili” o “Oberdan”. In altri tempi avrebbero parlato con altra lingua, con luci ed ombra e rumori che forse io avrei saputo decifrare come amici o nemici. Girano nei miei specchietti; porto via la loro vertigine di luci come una scia… Punto le violente abbaglianti là dove le curve ingannano e le supero. Poi lascio più miti fiammelle per illuminare gli alberi e gli occhietti nascosti. Arrivano dall’altra parte fari sparati, macchine che hanno fretta di tornare alle braccia fredde dei garage o della scintillante strada. Alle volte incrocio i miei simili, che non corrono, dei cargo che vanno nella notte in un tempo tutto loro, proprietario, come il mio. Questo fluire, questa lenta cadenza è durata qualche volta fino all’alba, che si apre come una bocca al bacio sull’aggressivo, umido profilo della macchina.

Nelle notti di luna, per brevi tratti, nella solitudine che precede l’arrivo alle piccole cime del mio rifugio in montagna, spengo le luci e avanzo così piano da risvegliare la fiducia degli animali. Sono dentro al rispetto primigenio dell’uomo per la natura, ascolto i miei istinti. E’ una solitudine amata. Divento silenzio.

Ma io so di essere fino al midollo cittadina, nutrita da una notte d’asfalto interminabile. Anche i miei due o tre strati di perbenismo si sciolgono in un allegria feroce, passionale. E quando la stessa curva - declinata in venti modi diversi – esce dal buio e vedo davanti a me l’immensa distesa delle luci che mi accoglie, sempre uguale e sempre diversa, sento che sto tornando a la mia Terra, con i suoi alisei, i buchi neri, i movimenti tellurici. Vado nel mixer di svincoli e viadotti, battendo sul volante il tempo del ritorno.

Sotto casa mia le luci gialle sono fortissime. Mi fanno sentire come su una passerella. Sfilo con dietro tutte le mie ombre raccolte nella notte, profumate, verso il sonno.

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