mercoledì 22 giugno 2005

Because the night

Il bello di giugno è che il giorno sembra non finire mai. Si accendono i lampioni gialli, le macchine accendono i fari, tutto è un po’ come nel quadro di Magritte: sotto è notte, ma sopra è giorno. Un cielo blu prussia con chiazzette celesti, che sorride a una città distratta; una luce che rimane soltanto per chi sta atterrando o decollando, per chi fantastica a naso in su come me, per quelli che cenano sui terrazzi, schiamazzando per poi cadere in lunghi silenzi che sanno di attesa, attesa della notte. Sta lì, sopra gli alberi che fanno galleria al lungotevere, scivolando già sugli argini, atomizzata sulle ali dei gabbiani. Mi affaccio alla finestra e aspetto. Ma la notte non dà risposte.

Eccomi, nel silenzio assoluto del calore notturno. Non il rumore di una moto, non una porta che si chiude, non le fabbriche sul fiume delle città industriali che sono rimaste nella mia memoria. La notte è un felino addormentato nel buio, appollaiato sui tubi del gas, negli angoli più alti del soffitto. In parte siamo fratelli: cammino senza accendere le luci, le mani leggermente avanti come una lingua biforcuta, la testa che si muove automaticamente in lento semicerchio, captando. Le coste chiare dei libri fanno una pallida guardia nel corridoio. Lo specchio del bagno è un lago d’acciaio. Apro il frigo, ed è come stare sotto uno scanner giallo; un bicchiere di latte, posare la mano fredda dalla bottiglia alla base del collo e chiudere gli occhi.

Nella notte s’impara cos’è il territorio, qual è lo spazio di ogni oggetto e persona. Recentemente ho sentito qualcuno arretrare, cedendomi faticosamente lo spazio proprio. Ripenso allo sguardo dei suoi occhi. C’è chi non permette l’avvicinamento a meno di un metro. C’è chi mantiene uno spazio liquido intorno. Ognuno di noi, di quanto spazio ha bisogno?. Scoprirò la prossima volta. Non ho dimenticato le mie percezioni, mi dico mentre cammino con il bicchiere in mano, sentendo la città che esce dalla perplessità e comincia a sgranchirsi. Il primo grido di una rondine, sono quasi le 5… l’alba fresca copre di baci una notte altera, riluttante, ma che ride sotto i baffi….

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