sabato 2 aprile 2005

Le lacrime sono l’acqua della passione

Il faro, immagine di Diavoletto


Strana sensazione, l’emergere dal sonno, oggi. Sono tutta storta. La percezione comincia alle caviglie, ai polsi, cinti da un nastro rosso di flebile dolore. Le spalle si alzano spinte da milioni di impulsi nervosi. Le lenzuola mi buttano fuori, fuori. Il telefono è muto, nessun messaggio. Vado verso la macchinetta del caffé, sentendo il legno sotto i piedi che vorrebbero stiracchiarsi, che trascinano un incubo da piedini cinesi costretti, che avrebbero voluto essere ali.. Scopa, straccio, mocio, l’odore dell’antipolvere. Sembra un comune sabato, il solito tentativo di rimettere ordine nel caso. A poco a poco le tessere del mio corpo si ricompongono. C’è solo un silenzio che non è ancora colmato, e che sta lì, interrogatorio, estraneo.

Suonano alla porta, lievi manine di bimbo. Mi fisso i capelli, di corsa, con una molletta, e vado giù per le scale a spirale che mi ricordano il gioco, che scendo sempre di corsa. Fuori, nel piccolo spiazzo davanti, c’è una piccola moltitudine di donne e bambine di diverse età, che mi guarda. Davanti una bambina con un sonaglino anni 50, rosa e celeste, che appoggia a terra. Curioso, penso, si somigliano tutte, mi sembra di conoscerle… Sfilano davanti a me e poi vanno a scomparire dietro la mole solitaria del faro. Ognuna mi lascia qualcosa. Un pugno di grano, cavallette, un riproduttore di cassette, un boa di piume rosa, sandali e conchiglie, un coltello multiuso, una bottiglia di Je reviens, i quattro volumi dell’Argan, inchiostro tipografico e macchie di nicotina, un mazzo di carte, alcune cartoline dalla scrittura nervosa.

Riconosco tutto. E’ tutto mio. E’ carne e sangue. L’ultima di loro, quasi una sorella gemella, mi porge uno specchio nel quale mi vedo piangere. Dice: Le lacrime sono l’acqua della passione. Ma io lo butto a mare. Lei scoppia a ridere, ride, ride, e mi da una spada e uno scudo. Sia gioia nelle tue lacrime. Poi parte.

Sono buffa, penso, con tutte queste cose in mano, spade e scope, scudi e stracci. Con ai piedi i miei anni. Con i nastri che stringono i polsi e le caviglie. Allora squilla il telefono. “Amore mio, dov’eri?…

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