sabato 12 marzo 2005

Un pomeriggio di sport necessario

Mi sono già espressa qualche volta su quanto e perché mi piace il rugby. Vedere oggi i miei amati “bleus” piegare, non senza immane fatica e dunque rispettando un contrario fortissimo, i favoriti irlandesi - giocando insieme con un clima simile al quello in cui sono cresciuti la maggior parte dei loro giocatori migliori, quel sud-ouest sotto i Pirenei, umido e freddo quanto il paese del quadrifoglio - è stata una immane goduria. Lo straccio dei piatti in mano, i capelli raccolti, l’ennesimo caffè e qualche pezzetto di cioccolata mangiato distrattamente, presentavo un’immagine di casalinga dematerializzata ma carne e sangue sul campo, ammirando il meccanismo perfetto di una partita splendida (lasciando stare qualche scorrettezza da ambedue le parti). Il mio computer delle traduzioni, stava là muto, impaziente.

Poi, un pezzetto di Costa Azzurra con le spiagge pronte alla passeggiata, che scorrevano a destra dei ciclisti impegnati nell'ultima tappa della Parigi-Nizza , mentre a sinistra c’erano i binari che ho percorso tante volte in treno di giorno e di notte, digrignando sempre i denti dall’invidia perché mentre ovunque, a dicembre, c’era freddo, pioggia o neve, lì non ce n’era mai… E intanto scrivevo qualche riga, maiuscole e sottolineate, nomi e numeri.

Mezz’ora dopo, alzati gli occhi da uno schermo per posarli sull’altro, ho trovato gli italiani che tenevano come leoni una squadra di annoiati inglesi, mentre ogni tanto si vedeva il loro coach ripassare dei veri appunti tattici su un agendone. Ho spento e mi sono attaccata alla tastiera come fosse una mitragliatrice, a testa bassa. Dopo un ora ho riacceso e visto per un pochetto gli immani buchi da dove passavano, spesso fino a meta, i perfidi gentlemen. Fino-alla-fine.

Che fare? Ci vuole il cilicio? No, mi sono detta. Ed ho cucinato un tortino di alici, cosparso di salsa con un cucchiaio di legno...

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