mercoledì 9 marzo 2005

Corteggio il caso

When the moon peeks over the mountains
I'll be on my way.
I'm gonna roam this old highway
Until the break of day.


Charles Segar and Willie Broonzy, Key to the Higway


Oggi, una fretta particolare ci stava a tutti sulla schiena, per le strade. Ma no, via, forse sono stata io, che punzecchiata dalla chitarra di BBKing andavo quasi volando, evitando i soliti furgoncini ed i motoristi ricoperti come inuit sulle slitte. Correvo, piuttosto scivolavo, sempre con quella sensazione inebriante di dominare una macchina, che quasi ti sembrerebbe obbedisce ai tuoi minimi pensieri. Poi, entrando in centro, la quasi immobilità di un giorno senza mezzi pubblici.

Non mi preoccupo, non mi stresso nel traffico, nelle file immense causa scioperi, cortei, semafori che vanno in tilt, macchine della polizia ferme e lampeggianti a bordo autostrada. Vado con gli occhi aperti tornando a casa, in mezzo alla anche mia Chinatown dell’Esquilino, lasciando passare con un guizzo di volante i motorini che scivolano nel nostro groviglio come sabbia; ammiro un autobus rosa metallico fermo come uno scarabeo, e mi emoziono per un papà cinese, dalle scarpe molto lucidate, che mi passa davanti in una diagonale nervosa, che porta un fagottino microscopico, sotto una coperta, che guarda dal buco dentro, che mette dentro il viso a dare un bacio tenero e così facendo rende lo spazio tutto intorno di un rosso amore, di un oro vita. Guardo le facce degli altri, incontro i loro sguardi, conosco i loro gesti, seguo macchine modificate, lentamente mi immergo in un sentire animale, in un fiutare dov’è la strada sgombra, spengo ogni ragionamento o sentimento e lascio soltanto fluire la musica dentro, fino a quel dentro dove non esiste nemmeno la regola, finché non sono una con il mondo lì ed allora. Non importa l’ora del giorno (nella notte è ancora più forte) in cui si verifica questo cambiamento, in cui questo sentire tutto mi ricompone e lenisce i danni prodotti dal cozzare con le vite altrui, senza fondersi né condividere.

In tutto questo viaggiare tu, che sei la mia terra di arrivo, tu che ogni giorno vivi la tua giornata in spazi dove io non ho una materia - se non quella dei sogni, del caso e della fortuna - mi stai ovunque, mi accompagni. Sento quel richiamo che mi porto dentro, lo stare sdraiata sulla terra calma dei pomeriggi d’estate, ricaricata di essenza della vita dalla schiena fino al cuore. Quanto sei, non ti posso raggiungere… e arrivata al mio porto, la pelle indurita da tanti e tanti cabotaggi di poco guadagno, aspetto ancora un attimo, trattengo il respiro, prima di spegnere la musica, prima di scendere dalla macchina, in mano la corda che mi lega a te.

<< Home