sabato 13 novembre 2004

Italia—All Blacks 10-59, e allora?

Perché mi piace il rugby? Principalmente perché è uno sport di squadra, ed io credo nella squadra come corpo formato da identità eccellenti, ma non solo. E’ uno sport in cui il senso del rispetto, della correttezza tra uomini, cosa significa rispettare nel suo significato più nobile, è altissimo. In cui la furbizia non esiste: esiste una forma più alta di intelligenza animale. In cui l’emotività maschile può essere manifestata nella sua ricchezza: non è brutalità, ma intensità assoluta della potenza, della forza. In cui la disciplina permette di raggiungere la perfezione. Le liti in campo, gli strattoni, i calci, sono sempre misurati, sempre intelligenti, rispettanti un codice; gli sguardi elettrici ed i gesti di gioia, nonché un mondo tabù di fisicità tra maschi, hanno una purezza riscontrabile soltanto negli animali intoccati dai difetti della civiltà. La velocità dei ghepardi, l’implaccabilità e la potenza degli ippopotami. Il branco, la squadra intera si muove (quando tutto va bene, quando si sente la superiorità e l’orgoglio di vincere) come una semplice forza della natura: linee di energia percorrono il campo, girano centrifughe nelle mischie, sono inarrestabili corse di un vento umano che finalmente sfiorare con la palla la zona di meta, un massimo nella coreografia dell’autocontrollo.

Posso anche sfiorare il ridicolo, lo so, anche le gomitate, le occhiatacce: io non vedo che questa forza inarrestabile, pura, sprizzare da corpi specializzati come macchine: la tecnica, l’uso delle regole è asservito ad una produzione nella quale ognuna di loro è, deve essere, perfetta. Ieri, malgrado la sconfitta, mi sono rimaste negli occhi (e il pubblico? Un sangue solo con la sua squadra) la difesa marmorea Locicero (malgrado i buchi impresionanti da dove entravano i Blacks come sotto un arco di trionfo), la corsa, il volo di Bergamasco, l’intelligenza di Nitoglia, l’impassibilità divertita di Wakarua, gli implaccabili Umaga e Muliaina, il mulinare delle gambe di Rokococo. Ed il lavoro, senza cedimenti, di John Kirwan.

…..Io ho sempre pensato che il Torso del Belvedere, indubbiamente un lottatore, aveva la stazza del mediano di mischia….

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