Pietra nobile
A me automunita e fiera di esserlo, entrare nella metro produce un effetto come di corteo o prime file di concerto rock: all’inizio mi sento un attimo stranita, lo
shock, poi procedo sola in mezzo alla moltitudine. Acquisisco il ritmo quasi istantaneamente, m’immergo nel vociare degli altoparlanti, nell’arancione grigioscuro della divisa-linea A, e comincio a scannare con gli occhi. Un ragazzo giovane, scuro di carnagione, parla di fronte ad una ragazza, mentre dietro scorrono le pareti bianche ed i fluorescenti. Lei, magretta, di tratti indoamericani, con jeans scampanati ornati da striscia rossa doppia come i carabinieri, lo ascolta concentrata, e quando finisce la scala mobile e parte a camminare, percepisco che pensa, e pensa, e pensa. Come frasi pronunciate dal sottosuolo ognuno cammina verso la sua destinazione. I corridoi portano alle uscite di Piazza Vittorio, un tempo piene di carnali odori di mercato; compro un portagioielli da regalare, un piccolo capolavoro
made in Italy che odora di cuoio, e ritorno. Nei lunghi corridoi vuoti le grandi lastre di travertino, ripulite nell’ultimo restyling della metro, tentano alla conoscenza, all’uso dei sensi. Mi porto nelle dita, fuori, quella ruvidezza del calcare, formata nelle ere geologiche, ed anche il suo calore, quella voce minerale che, dal Colosseo agli androni delle case, ricorda che siamo a Roma…
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