martedì 15 novembre 2005

La morte mi fa ridere. La vita, no.


Classico Village, pavimento

Da quella lontana notte in cui vidi Luca per la prima volta, nella composizione basso-tastiere-voce - in Via Veneto, nella seconda Notte Bianca - già avevo capito che uno che canta insieme testi suoi, di Brel e di Piero Ciampi sotto le lamette di una chitarra elettrica non è persona comune. Nel suo blog ho letto pezzi interi di pelle e schizzi di vita che lui ha descritto intensi usando poche parole, come fa anche quando scrive canzoni, e quando parla. E io ho sempre creduto che chi pesa le parole non possa essere superficiale.

Ieri, dopo essermi persa per le colline tra Ostiense e Garbatella come in mezzo ad una bonaccia, senza ben sapere come muovere le vele o verso dove, sono approdata al Classico, ai suoi pavimenti urbani di cemento e legno da magazzino, dove un Faggella calmamente concentrato girava tentando di annodare fili tecnici sparsi. Il locale è ruvido, non c'è la macchinetta del caffé: devo resistere. Il concerto inizia e ci rende subito permeabili all'elettricità che irrompe dietro e ai lati della voce domata ed addolcita da anni di teatro. Sotto le luci porpora il basso sottolinea, implacabile e duttile, i passaggi tra le frasi. E non voglio sapere i titoli delle canzoni: io sento come mangio, e distinguo i sapori della carne e del sangue, dell'amore e della morte, dell'amicizia e del ridere e dell'annunciare, ad un uomo in piedi di fronte a lui (che sembrava uscito da un fumetto di Tardi) che anche lui, comme tutti, ha la scadenza...

Ho lasciato il locale - perché la Vita Vera me lo impone - quando l'aria cominciava a saturarsi. Il pubblico perplesso stava in quel momento in cui tra due secondi rimarrà conquistato. Le foto di Damiano scorrevano nella loro crudité, uno sfondo cittadino per cotanto viaggiatore, il cui baule è sempre pronto, la cui ombra è pronta a scattare sul foglio e farsi canzone ancora. Fuori il parcheggiatore abusivo non c'era più, e non ho potuto dargli un euro promesso, per quella fragilità di chi è sempre alle prime armi della durezza.

La notte stava là come sempre, e come sempre io volevo percorrerla tutta. Perché so che alla fine della notte c'è una voce che canta come la sua...

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