venerdì 25 novembre 2005

Calypso

La mia cucina gravita intorno ai fornelli, dove c’è luce e odore di caffé. In un quadro, in una foto, metterei soltanto questi due colori: ambra e l’azzurrino che vibra sullo schermo del portatile, e un sottofondo di Robert Mitchum ritmato da toni bassi che le mie dita tamburellano sui lati della tastiera. I giorni che mi alzo a rifinire qualche traduzione, sorprendo la mattina invernale vuota di rondini mentre si gonfia pigramente di luce, come una vela dopo una lunga bonaccia; mi affaccio alla finestra spalancata su quel mare di sonno e risveglio, sul lento abbandono della morbidezza notturna che è come l’allontanarsi di un abbraccio tra innamorati.

Freddo, vattene. Scoprire, lavare, coprire, profumare. I fantasmi della notte restano acquattati nelle fessure delle piastrelle, le ombre dei sentimenti finiscono di strapparsi le une con le altre: un meccanismo il cui on sta nella lametta del rasoio o nel gesto di chiudere un rubinetto: fluidifica, snoda, prepara allo scatto. Allo specchio i miei occhiali rossi, il colore del sangue, mi ricordano che la vita non è fatta soltanto di rinunce, di delusioni, di combattimenti di Abramo con l’Angelo.

- Robé, prestami un ombrello di quelli tuoi. ‘Sto cielo promette pioggia. - il portiere sta uscendo, come una larga spatolata di blu, dalla scala A.
- Guarda che per grandi o piccoli l’affitto è lo stesso..

Esco dal garage portandomi dietro, come i barattoli degli sposati nei cartoni animati, trombe, congas, odore di rum, donne vestite di rosso. L’asfalto appena rifatto, senza segni, sembra un mare nero. San Giovanni, all’orizzonte, viene agli occhi come un iceberg; il travertino riflette una luce cangiante, rosa e bluastra insieme, che lascia patine di brina sulle facciate delle case che guardano la tangenziale. E sotto, il treno Ok scintilla nei colori infantili della sua livrea, curvando verso Milano e chiudendo una parentesi spaziale con me e con il furgoncino che mi precede, martoriato come la maggior parte dei furgoncini romani. Sopra la portiera impolverata una ragazza ha scritto un messaggio d’amore…

Via, cornacchie del parcheggio, teste nere. Oggi niente pensieri. Qualcuna tra voi si chiama Matilda?

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