martedì 6 settembre 2005

Please be quiet

Arrivo alla città in aereo e di notte. Mentre mi levo i sandali in silenzio - nella mia stanza, in cui le luci sono basse, di quel colore giallo che dora la pelle e la fa come tremare in quel punto di luminosità che sta prima del buio – ripenso a quel che prima ho soltanto inconsciamente sentito. Il senso del tatto per un microsecondo si accende e mi rimanda il fresco del pavimento. Il caffé esce dalla caffettiera e il latte finalmente non è più uht. Sorseggio e penso e scrivo nella mente a grandi spatolate: amore e dispetto, rimpianto ed assenza, orgoglio. Tutto rimuginato lassù. Di notte il cielo accompagna gli aerei come in uno sfondo da collage infantile: i bordi smangiucchiati di rosa e di arancione, collocati dappertutto da dita maliziose; le macchie sulle ali, schizzi lanciati dalle luci di posizione. Il tempo che fluisce mascherato da nuvole. Poi, un punto e a capo e di colpo, mentre il comandante comincia a virare, vengono a trovarmi insieme al finestrino tutte le luci di Ostia e di Fiumicino, che fanno da frontiera al mare; e la città stesa nella sua fosforescenza viva si muove da lontano, come ad ammantarmi regina, come a venirmi incontro, da un abisso che non è altro che la mia nostalgia.

La pista: una ferita, una matita colorata, una luce che si muove in una foto a lunga esposizione. Il grande giocattolo di metallo scivola come in un baciamano sulla pelle di cemento e asfalto. Uno scroscio di applausi mi fa sorridere: soltanto qui si applaude una perizia che per i piloti è, o dovrebbe essere, abitudinaria. Ma io so che è un esorcismo.

I movimenti della gente nella consegna bagagli – mi levo gli occhiali per rendere l’immagine sfuocata - sono come i grandi gesti di uno sciame. Mi tiro dietro un peso banale di vestiti e spine di ricarica, e l’immaterialità del mare grigio che dorme sotto le rocce per svegliarsi nei temporali del solstizio; sull’orlo dei pantaloni, ancora, è rimasto il verde bambino delle mie montagne che mi riempiono la bocca della dolcezza di un mignon perfetto; e sulle spalle ridacchia la pioggia pigra, inesorabile, dei Paesi Baschi, come una DOP tatuata..

<< Home