lunedì 30 maggio 2005

I'm just an animal


Scendere per una strada di montagna ha una magia che è tutta in una linea: la curva. Mi piace lasciare le marce libere, scendere in folle nelle paraboliche, tenendo le redini dei freni lievemente, come al trotto. Il movimento è carezza che il mio corpo segue, è un cullarsi cadenzato, consapevole: quella leggerezza delle curve in moto, con i corpi che si tendono nell’obliquo equilibrio di forze mentre la terra si avvicina e sembra voler saltarci sulle spalle e nelle ginocchia, sembra voler venire via con noi. Ci sono curve ad S in cui mi sento come una mano che massaggia una schiena, che circonda una coscia, che lancia su è giù la musica da un vinile. Salgo e scendo in piccolissime montagne russe di curvette brevi, dai bordi rialzati come in un piatto di coccio fatto a mano. Mi sembra un gioco di folletti e insetti che si buttino di notte sull’asfalto in piccolissimi go-kart modificati, ma che adesso sono nascosti nelle rose bianche che una donna taglia dalla siepe che costeggia la strada. Il motore romba frenato dalla sua stessa potenza, lanciato come la pietra di una fionda: un gesto e sono già di nuovo al centro della carreggiata, sterzo pronto, sorriso tenuto fermo dagli occhi che incessantemente calcolano traiettorie, peso e velocità.

Entro nelle gallerie alla fine delle curve lunghissime dell’autostrada, mi ci lascio andare come a un bacio o al sonno. Roma si estende laggiù come una risposta, combattuta tra la pioggia dispettosa e la calura sulfurea che grava su Tivoli. Mentre arrivo al casello sento la metafora che i miei movimenti ripetono da ore: una spirale con cui ti circondo di pensieri, nella quale abita la polvere dorata di mute parole assolate. Ma dov’è il punto in cui le parole finiscono? Quanto è il tempo che ci è stato dato? Chi sei tu, macchina che da me si separa, nella perfezione della parallela finita, uscendo dall’altra parte del raccordo? Le mie spalle, dopo tanti chilometri, si rendono sensibili. Ma a me piace pensare che sono abbozzi di ali o di pinne che mi crescono e chiamano al mare rovesciato, dorato di tramonto…

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