Voglia di freddo
Cerco il ghiaccio. Dovrei uscire prima, prima che sotto gli olivi il bianco della brina fonda: intorno, rimane l‘ombra mesta della potenza del freddo. La voglio nelle foglie, la brina; voglio vedere come l’assorbono. Ma bisogna essere della compagnia dei galli, o aspettare nella fortuna. Dunque aspetto, come sempre, che la natura mi conceda una bella gelata, uno schiaffo sottozero tutto per me. Pazienza. La città mi presenta un profilo incompleto, in cui sospetto la somiglianza con quello che sta fuori: li campetti in cui i seminativi stanno sul punto di scoppiare nel verde, pinete risicate, sterpaglie e rovine che, sono sicura, già 2000 anni fa avevano questo aspetto casuale, come se tutta la campagna fosse un immenso plastico ferroviario in cui ogni dettaglio di cartapesta è lavorato a mano per renderlo più vero del reale. Anche il cielo sembra fatto con i pennarelli, grandi tratti di celeste e macchie sparse di bianco e grigio a chiazze piumate.Annamo, grigi sulle strade, coi nostri faretti accesi. Soltanto le grosse moto, coi guidatori quasi in piedi, m’incutono rispetto: sono i mandriani del traffico invernale, gialli e rossi e neri, i colori squillanti, le moto lucidate, le ruote adatte ad ogni territorio, i guanti duri di chi sa andare in mezzo al gregge, svegliando i dormienti…
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