martedì 16 novembre 2004

I trasporti umani

Quanto, quanto mi piacciono gli autisti degli autobus. Oggi, preso al volo in Piazza Venezia un 85, ecco che mi trovo catapultata dalla calca dentro quasi la cabina di guida. Soffriamo tutti di ossa sporgenti. Sbircio a sinistra lo sguardo del conducente invaso, tasto il clima del proprietario del territorio; vedo prima un pesante anello di argento invecchiato all’anulare della mano destra, design medievale, forse acciaio, no, e non è una fede, che strano. Poi guardo lui, un tipetto con gli occhi chiari e le labbra borboniche, che parla con un ragazzetto.
- Si, sono rappresentante del Folletto, vedessi la gente, mi dicono di tutto da dietro le porte, m’insultano, mi mandano li morti, ne ho venduto tre, sto nella squadra con questa ragazzetta, Debora…
- E come è?
- Beh caruccia, l’altro giorno è venuto il suo ragazzo e mi ha insultato e minacciato di botte e che la dovevo lasciare stare, ecco, allora io ho provato ad ammansirlo con le parole ma poi sabato sono andato a trovarlo alla pasticceria, mica niente ma sono andato con i miei amici, non che siamo andati apposta, mi accompagnavano a fare un giro, lui non c’era, ho lasciato detto che ero passato a cercarlo..
- Ma lei, ci sta? – Uh, senti questo autobus, tra un po’ va in pensione, senti che sospensioni…
- Ma certo che ci sta, lui non se la fila, lei si risente, sono due anni, sempre nella pasticceria, gli dice “vienmi a prendere al lavoro” e lui “no, sto in pasticceria, non posso”, con me sta bene ma con gli altri fa finta che non ci stiamo insieme, a me mi fa arrabbiare ma mi piace, beh, io scendo, ciao!!


Io ridevo di gusto tutto il pezzo, a momenti prendevo io il volante quanto eravamo stipati.
- Beh, sto regazzetto m’ha esaurito…
- Io non mi sono persa nemmeno una parola.
- Se continuava così o facevo scendere! Ma questo è il bello di questo lavoro, parli con tutti…


E gli ridono gli occhi, la pelle delle guance è dorata mentre passiamo sotto le luci gialle per le quali Roma è particolare, luci sotto le quali non vedi un accidente, ma che rispecchiano su tutto e tutti artificiali ottobrate appena il giorno se ne va.

Costeggiamo il Colosseo, dove allestiscono un palco e provano le luci sul travertino ormai reso mite da 2000 anni di saccheggi e oltraggi di tutti i tipi. Quiz tra il pubblico: Concerto lirico? Recita di poesia? Concerto rock? Sperimentale? Si… No….E quando lo fanno… sabato? E già preparano e provano da oggi? Brusio infastidito dell’autobus tutto che pensa ai mezzi deviati altrove del normale percorso, un cambiamento nelle abitudini ghiacciate è peggio di un foruncolo… L’autista guarda il telefonino che ha squillato discreto, lo spegne, canticchia, si dimena mentre gira le curve.
- E’ l’ultima corsa?
- Certo, signo’, ecco perché me la canto, che sennò….
- Si vede, a voi autisti, quando è l’ultima corsa.
- Ahhh! Non c’è nemmeno traffico oggi!
- Sono andati via i pizzardoni dall’incrocio!
- Signora, anche per lei va a casa, finisce la giornata della casalinga?
- No, - ridacchio - io mo’ entro e ritimbro, mica è finita qui, preparo la cena, etc…


Pasano una dietro l’altra due Boxter blu. Mi distraggo un pochetto dagli occhi ridenti. Certo è che stavo per andare fino al capolinea, per sentirlo cantare, rilassato nei suoi ultimi dieci minuti di lavoro: ho visto tanta gente che sorrideva, oggi, ma lui solo è stato simbolo di quel sole ridente che non molla la città, che butta a fare ombra questo simulacro d’inverno, mentre altrove si è già nascosti sotto i tessuti, ingrugniti. Poi sono scesa come sempre sotto la mole severa di S. Giovanni: una fiumana di macchine nervose all’incrocione mi accompagna passo a passo, mentre io conservo tutti i sorrisi, a casa…

<< Home