mercoledì 7 febbraio 2007

I did it for love

Oggi ho consolato. C'è chi mi chiama per sentire la mia verve ironica, o per il mio crudo realismo riguardo al tempo che passa. C'è chi mi chiama per sentirsi vivo. E io, con il dente d'acciaio dopo più di una notte di dormire poco, con 150 cc di caffé che mi si spandono dentro, sono in perfetta forma per modificare le brutte visioni, i buchi neri la cui via d'uscita si vede come un puntino lassù lontano. Io spazzo i nuvoloni, rido, prendo tutto alla leggera, tolgo la ruggine ai pensieri. Prometto caffé, incontri sotto il sole. Tiro fuori un sorriso dalla cornetta.

E poi il pomeriggio avanza a una velocità spaventosa. Sempre così, dopo aver consolato. Mi manca una ruota, trascino il cerchione sull'asfalto, perdo olio e liquido puliscivetri. Cancellato l'arcobaleno fotografato all'uscita del Raccordo, sotto la minaccia dei camion enormi, padroni della Tiburtina. Schiacciato ogni sorriso e ogni faccia curiosa memorizzate guardando, insieme alle mezze conversazioni dei corpi, l'aura delle persone e delle cose. Mi viene anche richiesta la tessera del supermercato, oggi che volevo così tanto sparire; nemmeno aver diritto alla raccolta premi, solo sparire, poter sentirmi monca. Perché ogni emozione logora, anche quelle in cui si dà quello che altrove fu ricevuto in un momento di bisogno: il riequilibrio stanca...

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