sabato 25 novembre 2006

Comunicazione di servizio_18_and more

Il mio computer è in riparazione, purtroppo. Non ho idea dei tempi, spero il problema si risolva subito. A presto...

Update del 7: Collegato alimentatore nuovo, ma la scheda video non vede il monitor, oppure il monitor le ha scritto una letteraccia di divorzio, oppure il collegamento all'alimentatore o alla schedamadre, oppure mi sono persa qualche mucchietto di driver a SanLorenzo. Non ne esco, ma spero nella prossima settimana. Al massimo spiano tutto...

Scrivo con un portatile prestato per poco. Intanto domani c'è la cena dei blogger e io, fortuna di romana, ci vado con gli autobus, non inquino. Spero anche di andarmi a vedere le mille bancarelle di PiùLibriPiùLiberi e anche a sentire il miniconvegno delle 15.30 (Dove nascono le idee? Sala Dante) di domani e di domenica alle 10.30 (SpazioBlog) al Palazzo delle Esposizioni.

Update dell'update: Azzoppata come sono, non sono molto aggiornata, bloghescamente parlando. Ma basta aprire le pagine di Luca per tornare al mondo. E mentre leggo, mi sento questi deliziosi ragazzi & a di Ravenna, di cui parla Daniele recentemente. E' musica perfetta.

martedì 21 novembre 2006

Fight autoreverse

Se uno ha una giornata pesante, due sono le cose: o colpisce o incassa. Sul pavimento della palestra, sento uno ad uno muscoli e muscoletti che nemmeno studiandomi a fondo l'atlante anatomico sarei capace di distinguere: tutti tirano come corde bagnate che dovessero alzare un obelisco. Cosa sono i legamenti, penso. Fanno male i legamenti? Sono innervati anche loro? Mi mordo senza convinzione il labbro inferiore. L'istruttore, dopo un'ora con quelli che ballano sudamericano e sudano come fontane, ha messo per noi un disco di Ludovico Einaudi: ecco come rovinare un ascolto curioso. Quel pianoforte suonato furiosamente si dipinge come sottofondo del nostro piegarci e stirarci e allungarci verso l'infinito e oltre. Diventa l'immagine delle ore lasciate indietro, contro cui combattiamo. Non rasserena.

E quando esco dopo aver espiato tutto il negativo, sono sorridente, carica e pronta alla lotta, qualunque tipo: le corse fino all'autobus che scappa, tre piani di scale, ignorare un cane stizzoso che mi abbaia, altre 8 ore lavorative, autodifesa, tutto. Invece, resto per un'ora e mezza incantata a vedere sullo schermo del computer autobus e tram e macchine e camion e barche sul fiume e la neve che cade sui treni fermi nelle stazioni di campagna e le persone pixelate che mi guardano dai treni notturni e il saluto della gru azzurra. E' bello sognare così, con i pugni in tasca...

sabato 18 novembre 2006

Un pezzo di ora di pranzo



Vasca della fontana di Giacomo della Porta, Piazza S.Pietro d'Illiria

I romani si baciano nei parchi a primavera? No, si baciano in autunno, sotto gli aranci del parco all'Aventino: baci infreddoliti e furiosi, isolati dai preti e dai cinesi in passeggiata, ignoranti i gatti grassi e fieri che si mettono in posa vicino ai grossi tronchi, mentre la luce del sole pennella un pezzo di chioma alla volta, e si produce un mare di click dalle macchinette digitali. Mi affaccio dalla terrazza, a guardare l'arrugginire dei platani tutti che toccano il Tevere, e la luce rossa sul tufo di tutti i palazzi collocati nei secoli sui colli. In fondo, penso, cosa sono le terrazze e i belvederi se non le finestre che la città riserva per se stessa, i suoi specchi? Dallo Zodiaco, dal Gianicolo, persino dal Vittoriano e da tutte le autostrade che nelle loro discese scoprono la città che si avvicina, dapertutto mi sono affacciata come da una finestra, mi sono alimentata di luce, di odori e rumori. Per poi scendere, come adesso, e giocare a perdermi nell'incrocio più autoscolastico che io conosca, tra Viale Giotto e Via Guido Baccelli, per circondare Caracalla, grande come un mare di acque dimenticate, e sbucare su una stradina ricoperta di foglie gialline: sentire che non finirà mai, questa città, di insegnarmi angoletti e vicoli e tesori.

Santa Balbina, chiesina che si apre soltanto un'ora e mezza al giorno, è occulta alle pendici del colle più ricco di chiese paleocristiane e medievali. So di non essere la sola a rimanere meravigliata. Come mi manca il mio taccuino dei disegni e gli appunti... Si fa tardi. Un autobus scende molto lentamente verso Via delle Terme, sorpassato da tutte le macchine meno dalla mia: piano, oggi voglio andare piano.

venerdì 17 novembre 2006

Vaccinara forever

Le liste, i database, l'ordine alfabetico, le categorie, i tag etc etc.
Forse non sono capace di molta geekitudine, in questo blog.
Ma una cosa la voglio fare: la lista dei bloggers romani.
Deh, una fatica di Sisifo che indubbiamente sarà incompleta e rimarrà incompiuta.
Io ci provo.

Intanto, non dimenticate che PiùBlog si avvicina.
E che ci sarà una di quelle scicchissime cene di bloggers.

Ma scommetto, finirà tutto in caciara...

martedì 14 novembre 2006

Mattino & freddo nelle ossa

Saluto il mio garage-man. Gli allungo il giornalino gratuito che tento di portargli tutte le mattine, perché legga e veda di meno la tv; entro in macchina. Un secondo di stasi: le altre bestie di metallo stanno lì in attesa, davanti c'è la parte di piastrelle gialle della zona lavaggio, il tubo a molla dell'acqua (o dell'aria, non lo so), stracci appesi. Il garage è quasi buio. Di fronte, l'uscita, un quadratone che si apre sullo scatto del cronometro di un altro velocissimo mio giorno.

No, mi dico dentro, guardando verso i piedi, verso un buio grigiastro. Oggi non voglio uscire, voglio rimanere nel silenzio e al massimo essere cullata dal rumore degli allontanamenti, finché resti completa solitudine, finchè arriveranno i meccanici e un bel vassoio di caffé caldi: e pensare un po' a come vorrei essere e non so. Ma l'aria fresca s'infila nel centimetro aperto del finestrino, odora di qualcosa che mi apre le braccia e gli occhi e dunque avvio, cominciando a leggere la luce che scrive incessante tra le righe lasciate dalla prima rugiada fredda sulle lamiere di furgoncini e automobili, sfilando sotto il battaglione dei lampioni.

I merli stanno ritti sull'erba bassa, assorti in un pensiero ornitologico: seme o bruchino? Il giorno è posato sulle foglie degli alberi che ancora resistono al fuoco dell'autunno. Il giorno è scritto sui visi di coloro che incrocio sotto i cavalcavia, come tutti i giorni, ognuno con la loro mega o minibolla di personali circostanze che lo muovono e guidano: e non so se sentirmi circondata e difendermi o accolta e affidarmi. Rallento per guardare di nuovo la gelida rugiada, il vetro del cielo rotto in mille miliardi di cristalli sull'erba bassa, e sentirne l'odore...

La sera, poi, le scapole doloranti e non so perché. Non vorrei emettere una comunicazione di servizio_influenza. Ma se per caso c'è un po' di silenzio qui, ecco, decollate alla ricerca di nuovi spunti: sono stati proclamati i Bobs. Buone letture.

sabato 11 novembre 2006

Poi d'improvviso venivo dal vento rapita

Guardavi la cucina stamattina come un meccanico alla fiera dei pistoni e degli alberi motore. Era sì uno sbuffare di pentole a pressione contenenti diverse qualità di brodo di carne, o il borbottare bianco del riso al latte e cannella; capisco, e quando con gli occhi chiusi sentivi l'odore del caffé prima di berlo di un fiato, sapevo che dopo un'occhiata tua mi avrebbe squarciato la tuta blu dei grandi lavori casalinghi, e che io avrei sorriso a denti stretti, da sfida e come mi piace.

Ma fuori, un sole troppo; un sole spalancato sulla città. Ti lascio a cura del fuoco, invertiti i ruoli primitivi. Il silenzio particolare di questo sabato, del mercato dove mi va di passeggiare tra i colori e gli odori, in cui nemmeno le vecchiette - i cui carrelli della spesa, oggi, non cozzano creando battibecchi al calor bianco, occhiate da killer, le minacce represse, le mani chiuse frustrate da capelli che non strapperanno - disturbano, in cui i pomodori sono più rossi e più tondi e richiamano a gran voce le friselle e il sale, e anche un allentarsi per le strade e perdere il tempo nel bar-caffé preferito, tutte queste cose mi lisciano e mi pettinano.

- Potremmo vederci stasera, se vuoi. [per favore, per favore, per favore]

Una ragazza lievemente pienotta, le labbra belle, i capelli ondulati, parla al cellulare appoggiata al bagagliaio aperto della macchina, con ai piedi fasci di manifesti da incollare. Mentre lei supplica qualcuno al telefono, e io vengo investita da questa détresse d'amore, le foglie svolazzano, ricoprono la scena come di un momentaneo oblio. Una spilla mi punta, tocca tutte le mie simili tristezze d'amore passate e vicine o lontane, e devo alzare la testa per guardare il cielo, per farmi investire dalla luce e far cadere all'indietro la malinconia, vinta.

Odore di carne arrostita con i peperoni, per le scale di casa. Le finestre spalancate alla voce dei gabbiani, e tu che ridi al telefono e al mio sguardo, sentirsi vivi...

venerdì 10 novembre 2006

Fil orange

Mi guarda torvo, da dietro la giacca arancione con le bande che dovrebbero essere fluorescenti, come quelle dei coni segnaletici che sta mettendo sull'asfalto, a formare una specie di conchiglia aperta, in mezzo alla quale sta una macchina per le strisce, grigia e triste come un cane bastonato. Mi guarda manovrare come fossi a Vallelunga, per passare questo improvviso ostacolo notturno, e io sorrido e continuo a sentire l'Ensemble Intercontemporain che snocciola musiche valide per un bel ventaglio di sensazioni, musiche che ti prendono alla gola come un foulard di seta e proteggono, carezzano, permettono anche gli inabissamenti della stanchezza. Sì, bello il mio arrabbiato, la notte non è soltanto tua, e dovresti forse tenertela e godere del suo silenzio; in fondo potrei scendere e darti il cambio, trascinare quel mammut grigio ed aspirare profondamente l'odore della vernice riflettente. Potrei veder salire delle microgoccioline fluorescenti a incontrarsi con la foschia di questa serata banale, da metà settimana, in cui mi tocca abbandonare luoghi tappezzati di Rosso e di Nero (e dunque dedicabili alla passione e all'ambizione), odorosi di assenzio; mi tocca rinunciare per oggi alla Kahlúa, alla buona compagnia good fellows & music & photos & other beauties..., ma almeno tu, uomo fosco, non potrai guastarmi la notte, mio rifugio originario.

Guizzo (ma piano) sulle strade che si snodano, curiosamente ortogonali per questa città funambolica, tra l'Appia e la Tuscolana. Mangio una piadina pomodoro e mozzarella appoggiata a una Freelander, dal Piadone a Via Muzio Scevola, mentre guardo le palazzine degli anni trenta e quaranta come al solito, fin sopra ai terrazzi, in cerca di sprazzi di vita. Ma è troppo tardi, le finestre sono scure, il sapore del pomodoro non c'entra niente con la notte: è un cibo da bambini. Sorrido, via. Il cielo scorre, va verso il mattino...

mercoledì 8 novembre 2006

840 times

Sono giorni ingorgati_3.
La musica adatta è questa (via). Non la noia, no. La pesantezza.
Ma ci sono anche le versioni. Sentitele, le percezioni cambiano.
Io Satie lo userei agevolmente per descrivere ogni mia sensazione emotiva, e ne trovo un pezzo per tutte, o quasi.

domenica 5 novembre 2006

Un po'

Sono giorni ingorgati_2.
Ancora non accendono il riscaldamento.
Ancora posti per la Cena dei Blogger.
Ancora un'altra (and so on...) serata di buona musica.

Ancora tanto, a Roma, anche gratis.
Oh tu che da qui passi, distratto:
se stai bene, ne sono felice;
se stai male, sappi che ti sono vicino.

mercoledì 1 novembre 2006

Due note e un bemolle

Sono giorni ingorgati. Passo in mezzo al Pigneto, il muso dello squalo puntato verso la Gelateria di Via Pesaro 11, dove fanno un gelato al pistacchio sopraffino, o lo zenzero, la cannella, la pera. Mentre scivolo per via Fivizzano, penso che questo quadrilatero di isolati, il cuore del quartiere, sembra una specie di cremino Fiat (che insieme alle scorze d'arancia ricoperte di fondente, è tra i miei cioccolatini preferiti) circondato dapertutto dal traffico della Casilina e la Tangenziale e dai fischi dei treni che sfrecciano continuamente sotto ponte Casilino. E anche, in questa silenziosa domenica, come se per un pomeriggio, o una domenica di mercatino, una di quelle cittadine di collina intorno a Roma avesse prestato un pezzetto alla Calcutta, un angolino dove respirare,
addocchiare qualche oggetto che empatizza con noi, leggere un libro seduti per strada, bere una birretta sotto l'ultimo sole, svuotare il cervello dagli ingorghi.

Le piccole palazzine hanno i soliti leoni che guardano dai cornicioni; la macelleria più antica del quartiere, una fila di manzi arrabbiati che sporgono le corna verso i passeggiatori. I due cinema del dopoguerra, da recuperare alla città, staccano fuori dalla linea delle facciate le loro pulite angolarità. Girano bambini, gatti e bibiclette...

Dal Pigneto al Mandrione, a seguire gli acquedotti verso il fuori città, il passo è breve. E nel punto dove questi segni tangibili del tempo s'incontrano in uno slargo seicentesco, colui che possiede insieme sensibilità sopraffina e rigoroso analisi suggerirà, giovedì, piccolissime città invisibili dove può entrare, idealmente, ognuno degli ascoltatori. Grande, bellissimo regalo...