martedì 28 febbraio 2006

To do in March


Condominio in Via Latina

Vicino casa, in mezzo a ristoranti, solarium e farmacie, c'è una di quelle cartolerie-fotocopierie piena di quaderni a fogli lisci, a righe, a quadretti, di risme di carta colorata, bigliettini per regali con i disegni miniati, carta da lettere pesante, matite con le piume e penne da dieci colori, etichette adesive ed elastici, gomme, diari e clip colorate; tutte cose che compro e poi regalo, vergognandomi di essere bambina. Qualche settimana fa troneggiava in mezzo a una vetrina una scatola di matite e gessi della Faber-Castell, con le sanguigne, il bianco purissimo e il nero carbone, e la gommapane. Oggi ho visto che ne era rimasta una sola, e non ce l'ho fatta. L'ho comprata e anche un libretto fatto con la carta marrone da pacchi, ma fine.

La mia borsa pesa di luci e ombre. La porterò anche a Palazzo Braschi, a vedere il Museo Romano e e la mostra d'Ippolito Caffi. La porterò alla GNAM per copiare una statua di Euclide giovinetto. La porterò all'Auditorium e mentre aspetto proverò a riprodurre l'incastro copertura-sostegni. La porterò alla fabbrica di cioccolato di San Lorenzo. Alla Palma al concerto di Luca. Al Centro Trasfusionale, mentre aspetto per donare il sangue. Ovunque.

lunedì 27 febbraio 2006

Una citazione

Angelo: ma ci sarà una piazza, che noi non conosciamo
dove, su tappeto indicibile, gli innamorati
che qui non arrivano mai all'adempimento,
potranno mostrare le alte, ardite figure
dello slancio del cuore, le loro torri di gioia,
le scale che da tanto, dove sempre mancava terreno,
si appoggiavano soltanto l'una all'altra, tremanti.


Rainer Maria Rilke, Elegie Duinesi

domenica 26 febbraio 2006

Et toujours ce rideau bleu parfaitement placé

Come hanno detto spesso ieri i commentatori francesi di A2, c'era una vera barriera blu che i Bleus raramente sono riusciti a superare, anche avendo vinto. Finite le Olimpiadi, si torna a sudare e a mordersi le nocche (spesso ad audio chiuso, non sopporto molto i tifosi che fischiano la squadra avversaria) tra il lavaggio dei piatti e il caffé pomeridiano. E anche a leggere, con calma, un nobile "dietro le quinte".

"Niente torta", mi sono detta ieri. Invece oggi sono stata colpita a tradimento dall'odore una noce di burro nel puré di patate.

E qua la dieta traballa...



Strudel di mele e pere

venerdì 24 febbraio 2006

Comunicazione di servizio_14

oggi è stata giornata convulsa a parte un'oretta di passeggiata e foto per San Lorenzo, tutto il resto è stato pioggia, pioggia e pioggia e come ciliegina la batteria dello squalo è svenuta alle ore 19 in mezzo alla strada mentre pioveva a dirotto ancora e mi sentivo congelare, poi dal cielo dei callcenter è arrivato un immutabile è impermeabilato Mr. ACI e sono finalmente tornata a casa, dove mi sono imposta una tregua informatica almeno fino a domani - ecco

mercoledì 22 febbraio 2006

'r pomeriggio d'agosto

A Meri', mo' te racconto. Stavamo io e 'r castagnaro de fori sotto 'r ceraso contanno li sordi arimasti, co' du' Ceres ghiacciate sur tavolo, mentre Gaby stenneva 'na palata de' panni.
Avevamo magnato da 'n po' du spaghi a'a pecorara - solo Milena li fa così bboni, che nun ce n'era arimasto manco uno nela pila. Milena, che è de quelle bore, se sventajava co' 'a pianella vicino ar lavello. E zacchete, de corpo, entra 'r Mango co' 'n mano 'na coppetta de marene e du coni de ggelato alla vanija. "Tiè!", dice, "questi melicucco io!" Ma che bellino. E 'ntanto ariveno Irma e la Moretta, 'a bellona e 'a bomba strillanno tutte 'nzieme ar compare mio, mezzo spormonate: "Cori! Sta pe' arivà 'r Canaro! Ha detto che pe' le fregnacce ch' hai messo 'n giro su de lui ariva e fa 'n macello!" 'r compare fa pe' arzasse: "Mò 'o scanno! Mò 'o spello a quer solarolo. Mò ce busca!" E io, sverto: "Bono, Massimino, nun fa' 'r boretto montanaro (viè da Cervara 'r pischello). Vagli sotto, sondalo, nun baccaja' pe' 'n filettino che n' t'ha pagato. Sete du ommini scafati o du' pupetti?". E lui, facenno 'n'artra vorta 'a mossa d'arzasse: "None, io nun so' comme llui, sanza attribbuti. Io je vo 'ncontro".
Da che monno è monno nun s'era visto uno più 'ngrifato. Così è annato giù pe' la stradella, 'n mezzo a lle villette. E io so' arimasto là, moggio moggio, a pensacce. "Fa dietro front", pensavo, come si parlassi co' lui. "Mica mori si 'n ce vai. N' è mejo questo de la cassa marone?" Ner mentre, s'avvicina Milena e me fa: "Certo che sei poco strambino, tu. Mo' parli puro da solo, come 'r gallinaro co' le galline?" J' ho fatto l'occhi dorci (a mme me piace, ma è 'n po' lentella). Poi ha capito, e stava pe' damme 'n bacio, quanno... Ton!, è sonata la maledetta sveja, quella co' lle campane. Tutto m'ha fatto sfruz: era solo 'n zogno...

Tutti i nomi in neretto sono nomi di comuni italiani (cercate sui motori, o sulla Wikipedia, e vedrete). L'idea è venuta alla sora Placida un pomeriggio di lunedì, poi l'ha sviluppata e Ineditata e io, come gli altri, non ho resistito a giocare con le parole..

Update: Questo e quello, sul blog apposito, Topodrammi.

martedì 21 febbraio 2006

Raggiungere un buon livello di tecnologia

Mentre i grandi bloggers vanno ai grossi convegni - una "Davos de la Silicon Valley, in cui si parla di creatività, del futuro del mondo e come capirlo" (traduco dal post di Loic) - io mi chiedo, dopo aver letto come la pensano altri esperti della rete, più capaci di me, prendendo spunto dalla conferenza 3GSM di Barcellona, nella quale c'era tutto lo scibile per i nostri amati telefonini e per il futuro che li/ci aspetta, come sarebbe se potessimo scrivere i nostri post tenendoci costantemente online/tuned sul mondo grazie a uno smartphone. Premetto che la cosa mi ha sempre tentato, l'immediatezza nell'informazione è uno dei grandi vantaggi e possibilità dell'attuale comunicazione globale. Avere nel cellulare una fotocamera da almeno 5megapixel mi permetterebbe di accantonare l'adorata digitale compatta; poter consultare la mia mail e telefonare senza per forza avere in borsa un apparecchio che mi costringe a usare l'auricolare sarebbe indubbiamente pratico; navigare nei punti in cui c'è il wi-fi e poter archiviare link o sezioni di testo per poi scaricarli nel computer di casa sarebbe utilissimo. E siamo vicini, credo. Ma i prezzi sono ancora un freno per la maggior parte di possibili utilizzatori di fascia media, nonché per molti, molti bloggers.

Ancora non mi vedo abbandonare i miei taccuini per una tastiera che al momento può soltanto essere comprata come accessorio a parte, e dunque scomoda. Ma immagino che in un futuro potrò insieme meditare, scrivere delle bozze, creare dei progetti su carta o nel computer di casa, e poi portarmeli nel cellulare e usarlo come terminale mediatico.

Intanto, perché anche questo è aggiornamento, provo a migliorare con un corso di dattilografia..

domenica 19 febbraio 2006

Domenica, maledetta domenica

Stesa sul letto in un pomeriggio tiepido. La caldaia condominiale ronza creando un imprimitura di rumore sulla quale si ritagliano spazi prima una macchina, poi una moto, un bambino che dice “No!”, il ta-pum di un pallone calciato, una porta che si chiude, il motore di un aereo che scende verso Ciampino. Il mio corpo arreso rimanda alla chiamata della coscienza dei messaggi che sono sensazioni, tra il doloroso e il consapevole. I suoi contorni sono disegnati con il carboncino del sonno. La mano impietosa della stanchezza mi tiene schiacciata contro il materasso come un insetto. Ogni gesto uno sforzo disumano. Il cuore fa un piccolo tuffo, un singhiozzo; si ferma e diventa una cosa estranea. In un tempo fulmineo aspetto, osservo e mi chiedo come sempre se ritornerà a battere come prima, se ritornerà a me. E penso, in quel momento sospeso, a colui che mi ignora, di cui porto due o tre pugnaletti nel cuore, rifiuti e negative che graffiano i piedi di fango della mia autostima; stizzita lo spingo verso un luogo in cui i miei sentimenti sono piatti e senza continuità.

Vorrei essere abbracciata in silenzio, dentro una macchina parcheggiata alla fine del molo di un porto, con fuori il vento che soffia e dice le parole velate di un amico giovane che parlasse della propria voglia di vivere. Sentire il salmastro risanarmi con la stessa eleganza dell’odore di spezie sprigionato da una torta a lungo elaborata. Per poi tornare a me, seguendo l’arrivo della notte, fino alla soglia del mio divenire successivo.

Il cuore riparte. Dalle finestre esce un mix di urla contenute, tifoseria da gol. Il pomeriggio è fermo in momenti che camminano, come in una inquadratura di Visconti.

venerdì 17 febbraio 2006

I'm bored?

A me guidare piace. Ma non parcheggiare, nella nostra romana Calcutta. Impreco, stringo i denti, m'incastro, calcio le gomme, litigo con le macchinette.

Oggi, tornata a casa, mi andava di giocare. Ho dunque ripassato le lezioni dell'autoscuola...

giovedì 16 febbraio 2006

In silenzio, per piccoli luoghi

Nell'intervallo di pranzo la città è accoglientemente vuota. Le case colorate sono lievemente ingrigite dal cielo chiuso. La gente cammina dentro rumori attutiti dallo strato di acqua, dal gocciolare delle grondaie, dal severo strappare che producono le ruote delle macchine sulle pozzanghere. Mi piace girare a quest'ora, rubandomi il pranzo, con l'odore delle mele biologiche che riempie la macchina riscaldata. Mi piace oltrepassare il Tevere dal Ponte di Ferro e parcheggiare vicino a Porta Portese, oggi sprovvista di mercato e dunque laida come un disegno cancellato e stropicciato. Attraverso e guardo in su, verso San Michele, il vecchio "carcere" dei Discoli, un tempo accademia dove s'insegnava la scultura e l'incisione. Di qua, presente ovunque, comincia Trastevere, e mi piace entrarci dalla stradina che costeggia questo palazzone immenso, uno dei più grandi edifici che conosco in città, con le sue finestre tutte sbarrate o il finestrone dalla splendida grata decorata dietro alla quale, qualche anno fa, si poteva vedere il Marco Aurelio in fase di restauro (c'è una sezione dell'Istituto Centrale del Restauro). Il Cortile dei Ragazzi è bello, ma lo è ancora di più quello del Conservatorio delle Zitelle, con i limoni incassettati come a Versailles e la fontana che canta da regina, come soltanto l'acqua di Roma sa fare nei cortili e negli angoli delle vie.

Un'impiegata solertissima mi indica la chiesa sconsacrata, in cui ancora sussistono i bellisssimi marmi finti, e seguo la mostra perfettamente allestita e discretamente illustrata da piccoli testi. Mi piacciono sempre di più le piccole mostre curate, non affrettate dalla pressione di un potenziale grande-pubblico. Mi fa sbuffare l'avermi dimenticato a casa la lente d'ingrandimento, imprescindibile nelle mostre in cui ci sono foto di città, i cui dettagli (cartelli pubblicitari, oggetti, vestiario, etc) raccontano mille cose in più della semplice didascalia. Le foto sono splendide e l'acqua della Laguna è ferma sotto le gondole, i piroscafi austriaci e gli splendidi palazzi veneziani. Nessuno di noi, credo, l'ha mai vista così, né si vedrà mai più. Le foto che illustrano la protezione e conservazione delle opere d'arte in tempo di guerra impressionano più di un libello pacifista. E un'altra solerte impiegata mi consegna la guida che ho comprato, dove ci sono tutte le foto e le spiegazioni, in una busta di plastica rigida con la quale mi copro, perché intanto il cielo è diventato nerissimo e piove. Due operai al bordo dell'edificio collocano e tolgono i sampietrini da due diversi piccoli scavi. Un errore di calcolo? Ridono e scherzano incuranti della pioggia. Metto in moto, attraverso il ponte dell'Emporio. Di là rimane il Tevere che sonnecchia grigio, che vorrebbe cullare i suoi cormorani con i ricordi delle lavandaie e dei barcaroli che in altri tempi si scambiavano risate e lazzi, urla e coltelli nascosti, mentre su tutto regnavano gli odori grassi ormai svaniti, murati per sempre insieme agli argini.

Baciare il ghiaccio

Sport preferiti, e visti fino ad ore tarde, delle Olimpiadi: Il curling (strategia sul ghiaccio), i salti dal trampolino, il pattinaggio di figura (oggi vedremo vincere al fantastico Plushenko?), il pattinaggio di velocità...

lunedì 13 febbraio 2006

A te, che lo leggerai domani

Ci separiamo come altre volte. Ti lascio dietro guardando caparbiamente in avanti: la portiera della macchina, la strada, la gente che mi cammina davanti o dietro, il cielo che sbiadisce lentamente, le luci che si accendono a poco a poco. Posso lasciarti con il cervello, con la ragione. Ma appena ti sto lontano il corpo spunta da sotto i levigati pensieri, le connessioni ragionevoli si annullano e passo ad una dormiveglia automatica in cui sono sottomessa ai ricordi dei sensi. L'assenza di te mi china su di un mappamondo immenso di quello che ho vissuto e classificato dell'amore, sempre uguale e sempre differente. Le mani ricordano le tue, morbide e ruvide come la pelle di un giovane platano; le spalle, che s'incastrano così perfettamente nelle tue nell'abbraccio, scalpitano come cavalli. E tocco il volante ma è te che tocco, la leva delle marce un gomito, l'ombra del tuo polso nella notte; il vetro freddo come le tue guance quando entri nella metro. I capelli vuoti dai tuoi palmi che li rendono curvi come colli di cigno. La schiena orfana delle tante carezze. And so on, fino a tremare.

Perché tu stai nelle macchine ferme in doppia fila, in questo giovane uomo che mangia la pizza camminandomi davanti nel traffico, tu mi attraversi davanti nei semafori e mi guardi dalle cabine dei camion, cammini con me accanto agli acquedotti, con me attraversi le porte della città e compri i giornali. Stai nella mia implacabile solitudine, che non potrai mai scalfire; nel più profondo sogno di volare; nel sole che oppone ai miei occhi un muro morbido ogni mattina, e nella notte sorella.

Ovunque mi portino i passi, domani, io sarò con te.

giovedì 9 febbraio 2006

'Aa sindrome der vojjo e non posso

Un po' il tempo tiranno e le troppe cose da fare, ok, che non mi permettono di stare seduta davanti alla tastiera come davanti a una pagina bianca, una sensazione che mi fa stare profondamente bene. Un po' un lieve senso di vuoto, di attesa della primavera e di poter partire con la macchina a macinare chilometri e paesaggi (e vorrei poter andare in moto, saper andare in moto, perché in macchina è un po' come stare al cinema, mentre sulla moto stai dentro alle cose, all'aria, ai colori). Un po' l'aver bisogno di un surplus di emozioni. Ma.. pazienza. Piegarsi come uno stelo d'erba, morbido e resistente, ok.

Intanto, un po' di remember:
I Tricicle all'Olimpico, con SIT.
Andare a visitare un museo il 14 febbraio (oscillo tra Galleria Corsini e Galleria Spada).
Il concerto di Luca su Brel e dintorni, il 15 alla Locanda Blues.
Prima del 19, foto antiche e restauri a Venezia, a San Michele, ingresso libero.

Ho dimenticato qualcosa?

lunedì 6 febbraio 2006

Time

Il tempo mi schiavizza, devo muovermi uscire, fuori scalpitano i doveri, cavalli vecchi e scaltri che fiutano quel momento in cui sto per cedere nella massima tensione tra il piacere e la resa: abbandono i film i libri la visione di immagini notturne l'elaborazione di metafore che scoppiettano come fuochi raso terra... I doveri, devo offrir loro lo zucchero dei minuti sottratti alla vita, le calmanti carezze che vengono da rassicuranti strade tutte uguali. Le mani mie vuote di bicchieri di sigarette lo stomaco contratto in una smorfia di deformata rabbia, alzarsi sbattere la porta scendere le scale, muovermi, uscire, fuori scalpitano. La città si specchia in una pozzanghera rovesciata nella quale vagano lievi strati di schiuma, sfilacciate e scarse nuvole che non dicono niente, solo che è il tempo, correre uscire sputare un pensiero sul sole che non posso assorbire. Zucchero per gli scintillanti doveri lucidati e duri come neon bianchi, una compensazione che non dovrei offrire per l'amore rubato, le immagini al fermo macchina, il dover salutare mentre tutte le cellule dicono non andartene, non dare più quel tempo rubato al tempo che è mio e finisce sempre altrove, correre saltare per le scale sfondarsi il cuore, sfiorare il panico, serrare i pugni e colpire il volante con gli occhi chiusi, la fronte china sull'inevitabile.

domenica 5 febbraio 2006

The virtual partecipant at InEdita_1

Inedita sta avviandosi verso la fine e io, connessa via tag e blog dei partecipanti, provo a fare un primo screenshot:
La prima cosa che salta alla vista nei post è che tutti sono stati felici di conoscere le facce e le voci dei bloggers di cui fino ad allora hanno letto e/o commentato i blog. Una delle caratteristiche principali della cultura blog (concetto lanciato da Loic, ma condiviso, credo, da molti) è stata dunque presente in pieno. Ci si incontra, si parla e si condividono esperienze e progetti futuri.
L'utilizzo del posting in diretta, malgrado la presenza di molti portatili, pare sia stato un po' difficoltoso. Lo hanno usato Mr. Attivissimo (con belle foto) e Pandemia, come sempre essenziale e al tempo stesso capace di trasmettere emozioni.
C'è anche un wiki (uno solo... imparate organizzatori, per la prossima: un wiki è la piazza virtuale in cui si preincontrano le persone..)... di quelli della SanLorenzo (bravi!!)
La saletta dei convegni, in parte aperta verso la mostra, non isolata, rende un po' meno concentrati i dibattiti. Non è la prima volta che eventi intorno ai blog vengono collocati in spazi non "chiusi", e penso che questo possa essere un gesto che denota un approccio un po' superficiale; ma forse il pubblico, attratto, si ferma a sentire e conosce un mondo nuovo.... Forse sarà diverso la prossima volta.
Non c'è stata, e io la propongo quasi come sfida, la possibilità di interagire in diretta, via commenti al blog, con i relatori, una modalità che potrebbe diventare interessante per coloro che interessati ad un evento non possono esserci di persona. Ma forse queste eventuali conversazioni possono cominciare più tardi nei vari blog dei relatori. Non so, è un tema su cui penso senza trovare una soluzione...
E adesso aspettiamo i risultati. Al momento, eccetto le foto (stupendi i primi piani di Samuele Silva) su Flickr, c'è ovviamente poco materiale online, ma vedremo in un secondo tempo cosa ne uscirà fuori.

sabato 4 febbraio 2006

Cucchiaio? Forchetta!!

Devo dire che persino i francesi (vedo le partite sulla francese A2) ammettono che questa squadra è da tutto rispetto, e che sono usciti in campo a dimostrarlo. Beh, gli Irlandesi hanno fatto una meta adesso, ma adesso-adesso Mirko e Mr. Pez ne hanno fatta un'altra, bellissima, dall'altra parte.

Io, intanto, rimesto...



Update: Perso indegnamente, corso un po' di più del solito (per me, merito dell'allenatore francese), mah. Quanto al rimestaggio...



Orange cake

venerdì 3 febbraio 2006

Caro zio

Immagino, per esempio, che Andràs Schiff abbia dei nipoti. Immagino che qualche volta, ad una riunione, una cena di famiglia, qualcuno di loro, uno piccoletto, affascinato dal pianoforte che troneggia nel salone, possa chiedere allo zio che sta chiacchierando davanti ai resti infinitesimali del dolce: "Ci suoni qualcosa, dopo, per favore?". E lui, dopo che è finito lo scherzo tonale di bicchieri e posate che si sacrificano alla lavastoviglie, si siederà al pianoforte, aspetterà che ci sia silenzio e, così, perché è in famiglia, attaccherà il primo movimento della sonata Waldstein - una esplosione di colori e di luce - per poi, quando tutti si sono rilassati, cominciare l'Introduzione del secondo movimento in cui il compositore, quasi all'orecchio, stilla una malinconica, nobile confidenza all'ascoltatore, e richiede da lui un silenzio da confessionale, altrimenti niente gioielli, niente bellezza concentrata. E già qualche tossetta dei più irrequieti lo ha un po' seccato, ma quando suona il cellulare del ragazzo della nipotina più grande, quell'allampanato che abita due isolati più in là e che ha scaricato un trillo finto mozartiano, allora

Schiff ha smesso di suonare, si è alzato, ha incrociato le mani, e rivolto al pubblico allibito dell'Auditorium, ha detto all'incirca queste parole: "peccato per questa bella musica. Adesso interrompiamo per qualche minuto e poi continuiamo" lasciandoci tutti a riprenderci dal silenzio di cotanta interruzione. Dai palchi si è alzato uno stentoreo "Tossite dentro ai fazzoletti!!!" subito applaudito in massa e io, che ancora non mi ero recuperata dalla sorpresa, cercavo giù in platea l'immagine di una mano, di un piede, di qualcosa che indicassi che il possessore del cellulare incriminato, ignorante di ogni educazione, fosse stato ridotto a penitenza sommaria dai vicini di poltrona. Poi il pianista è ritornato, si è riseduto e tutti abbiamo contenuto il respiro fino alla fine della sonata, dei due bis, e credo fino a casa.

Mancano due concerti ancora. Beethoven si avvicina piano piano alla maturità ed alla sordità insieme. Non la smette di scrivere. A presto, maestro.