sabato 31 dicembre 2005

Desiderata di Capodanno

Che ci sia concesso quello che non siamo capaci di chiedere, da colui o colei cui non osiamo chiederlo.

Che possiamo ricordare sempre la nostra ricchezza, e restare in piedi nel più nero silenzio senza danneggiarci.

Che non ci manchino le forze, mai, per difendere il nostro tempo dai ladri, dai vampiri energetici, dal senso di impotenza.

Pieno, felice, buon 2006.

mercoledì 28 dicembre 2005

I stare at the concrete



Piazza F. di Lucia, Fidene

Il vento, quando soffia a tempesta e strapazza tutte le nuvole che non sono andate via per le vacanze, ha casa non negli stretti vicoli verso il Tevere o sull’elegante Gianicolo, ma dalle parti del Colle Salario, che guarda sul raccordo e lontano verso il mare. Cresce bulletto nei burroni piene di sterpaglie su cui si affacciano giardinetti delimitati da tubi arrugginiti, si nutre delle sedie spaccate abbandonate vicino ai cassonetti, rotola e rimbalza dalle facciate infinitamente uguali delle villette squadrate che costeggiano a schiera strade senza uscita. Ed è amico senz’altro dei ragazzetti felpa e pantaloni dal cavallo basso+cappellino di maglina aderente e cuffiette, che qui abitano in altissima percentuale e che vengono spintonati adesso nelle discese che vanno verso Fidene... Gli abitanti delle torri vedono oggi un paesaggio impolverato fino alle falde delle montagne: ma in un baretto presidiato dal gruppetto proprietario dei tremetriquadri di territorio davanti, il caffé è così buono – vale sempre la legge che il buon caffé si trovi nei quartieri più duri, da frequentare rigorosamente di giorno, mentre gli abitanti mangiano o dormono una siesta che lì non è voluttuaria, ma imprescindibile alla vita - e me lo gusto fino a quando entrano a tre per volta e mi stringono contro il bancone, sbruffoncelle api che hanno voglia non so di che. Pago ed esco, volutamente anonima, la macchina parcheggiata come gli altri, un po’ storta; sono inclassificabile, le perle vere e le scarpe vecchie, ambigua il necessario per non permettere un impressione troppo lunga nelle retine altrui, mentre fotografo le facciate sdentate dietro le quali pulsano i cavi dell’alta tensione e le antenne paraboliche a decine, un fiume di energie fisiche impercettibile ma che potrebbe stare anche in un blow-up dei pixel della digitale.

Nel cielo si vanno radunando tutte le squadre disponibili di nuvole, in un gioco dove le mete sono la fuga verso il mare o la caduta a picco e lo sfilacciamento sulle montagne. Spintonate dal libeccio implacabile le nuvole mi guardano scendere verso i Prati Fiscali, tra parallelepipedi che sembrano non voler finire, come se i costruttori fossero stati presi da un potente singhiozzo di cemento e mattoni; e passo in mezzo ad una Stonehenge di specchi, dove il sole va a schiacciare in canestro le momentanee aperture tra le nuvole impazzite. Da lì comincio a perdermi, e vado senza mappe, affidandomi all’istinto. Soltanto allora il vento mi schiaffa sul parabrezza palle flosce di grandine e nevischio, e non vedo più niente; mentre dalla cassetta irrompe il riff più devastante di Five foot one, entro in via Conca d’Oro sotto un cielo completamente giallo, con le utlime gocce di pioggia che rendono il Ponte delle Valli come fosse d’acciaio appena laminato, come la mia scia metallica che frusta la tangenziale vuota, veloce, rarefatta, fino a casa.

lunedì 26 dicembre 2005

Anti mish-mash per il 2006_1

Aprofittando dell'ultimo giorno non lavorativo di questo lungo finesettimana, me ne sono andata a bere un tentativo di caffé americano con un'amica, nel bar del Radisson Hotel, vista spettacolare sui tetti dell'Esquilino (mentre i binari di Termini, purtroppo, stanno dalla parte della palestra), e mentre il tramonto ci dorava con quella luce gialla, da lampione sull'autostrada, tipica dei giorni freddi di Roma, ci siamo messe a parlare delle differenze tra chattisti e bloggers, "incontriamoci" e social software. Nel bar vuoto, ritagliate contro uno sfondo minimal black&white, discorrevamo di piccole comunità di condivisione vs. rapporti umani basati sul cerco/offro. E mentre tornavo a casa per le strade solitarie (lonesome streets of Rome..), sentendo chiaramente, come un lusso e un regalo insieme, lo scorrere dell'acqua dalle fontanelle e il vento che soffiava tra i rami delle robinie, pensavo che forse è ora di aggiornare un po' i link rendendo questo blog un po' più "professional" visto che leggo spesso i guru nostrani (e francesi, catalani, spagnoli...) dei blog.

Tanto per cominciare a mettere ordine, di LesBlogs io - mancante sempre di tempo - non sono riuscita a produrre un solo pensiero, ma mi trovo d'accordo con Sergio e con Zoro che non solo c'erano, ma che si sono spremuti le meningi sull'argomento ad usum di noi blogger-pubblico; e quando leggo quel che hanno scritto mi auguro che per il 2006 si riesca ad organizzare un NuovoeUtile più accentrato sui blog e la loro influenza, o anche soltanto una cena de' romani (non in birreria né in pizzeria, please: un ristorante con saletta dove poter discutere dell'argomento senza rumore di fondo..) dove continuare a parlare dello stesso discorso.

Mr.Zoro ha fatto anche un video che trasmette abbastanza l'ambiente della due-giorni parigina, il vissuto di chi lo ha filmato.

(continua..)

sabato 24 dicembre 2005

Comunicazione di servizio_12

Auguri a tutti...

giovedì 22 dicembre 2005

Traffico da sciocchi

La città sta per scoppiare, o così mi sembra, mentre galleggio dentro il flusso di macchine che fila lento quanto una colata d'acciaio mezzo raffreddata e pronta alla laminatura. Un parossismo dettato dai media s'impadronisce delle strade e degli uffici. Vorrei non uscire, di questi giorni, e provo a non fare troppi auguri e a sorridere meno di quanto la situazione lo richiederebbe. Evito i negozi dove trionfa il cibo rincarato dalle feste. Resisto a vaghi impulsi goliardici riguardo ai pupazzi di Babbo Natale che ballano e cantano in mezzo alle strade. E guardo verso le case e il cielo con occhi famelici, mentre davanti e dietro e sopra e sotto proporzioni uguali di impazienti, addormentati e motorini strombazzano per scaricare la tensione.

Soltanto le case restano immobili, assorbendo nei loro profili le lame di un sole freddo come una luce alogena. Ammiro finestre di travertino inquadrate da semicilindri di marmo nero leggermente venato. Ardite griglie creano giochi di righe dentro i quali le goffe scale di sicurezza vengono nobilitate. Inflessibili travi d'acciaio convergono in un solo gambo mentre, poggiate sopra, cento finestre dai vetri azzurrati somigliano a un incubo di peonie. Dai cornicioni mi scrutano bambini e leoni. Le facciate sono addobbate tutto l'anno con fiori e crostacei, i fiocchi di pietra cadono mollemente, e c'è anche qualcuna un po' arrabbiata, che ci vuole mangiare...

Città dove mi nascondo, mi perdo e mi ritrovo, per te vorrei si potesse desiderare che questi giorni siano felici. Ci sarà una grande pace in certe ore, come nel silenzioso agosto. Uscirò, allora, a gustare l'odore delle strade ignorate dalla lenta digestione delle fette di panettone. Intanto, memore di quei giorni, il tramonto che mi segue mentre torno a casa ha il colore dei marshmallow, una nuvola rosa di zucchero filato dapertutto, un'esplosione delle riserve di luce che le ottobrate lasciarono sui travertini e i mattoni...

Effervescente blogosfera europea

Soltanto qualche link sparso.

Loïc intervista e podcasta il ministro degli interni francese ... immaginiamo una cosa simile qui... (ognuno immagini la sua)!!!

Due bloggers spagnoli e uno catalano offrono via web le "partecipazioni" a uno dei numeri che potrebbero uscire nell'estrazione di Natale della lotteria spagnola, la più importante e più seguita dell'anno (anch'io, che uso come segnalibri i biglietti che non hanno vinto, ho tenuto aperte le pagine web dei giornali, ed ho seguito il montare dell'attesa e l'esplosione dell'annuncio). Qui non esiste la "partecipazione", quel condividere con pochi soldi una speranza di vincita (510.000.000 di euro l'intera serie, 300.000 ogni biglietto del numero vincente)...

I blog tematici di Io donna nella versione spagnola. A quando la stessa cosa sul sito del Corriere?

domenica 18 dicembre 2005

RainMan abita qui e ripara gli ombrelli


Vigne di rosso piceno, Ripatransone (AP)

Piove una pioggia fredda che sta anche dentro la voce rotta dei cani, sotto le foglie scure degli olivi, sopra i tini della cantina Colli Ripani colpiti da sfumature di piombo rubate alla profondità delle nuvole. Mi bagno un po’ mentre le guardo, sotto l’androne dello spaccio, mentre entrano ed escono persone che portano damigiane e panciute bottiglie da riempire ai distributori appuntati sulle botti, che conteggiano i litri come piccole pompe di benzina: bianco, rosato, rosso. Su tutto il tannino impera, un odore aspro, che richiama il salato.

Un dio cittadino decise l’inverno delle colline picene: grandi lastroni grigi che verdeggiano sotto il primo grano, l’acciaio della nebbia come una metafora di sogno dal quale emergono ciocche di giallo di qualche robinia, il cielo che ruba oscuri toni verdi dal mare là vicino, con lui fuso in un abbraccio pieno di vento. E le vigne, linee di pentagramma che piangono foglie rosse, mentre perdono lentamente la temperatura fino a rendere il sole che fu proprio in estate un gioiello in letargo dentro le radici. Grappoli duri rimasti sui rami spandono il proprio odore nella rugiada, e chiamano gli uccelli all’alba, nella polvere di fata che la nebbia sostiene, e che non è altro che frutto e seme atomizzato, anelante il mare.

Le vigne nere guardano il mare. No, mi correggo. Alcune non lo guardano. Il cielo scende e lo abbraccia assorbendone i colori; davanti all’orizzonte abolito le palme hawaiane applaudono e danzano rovesciate nelle tempeste d’inverno. Le vigne gelose guardano verso i roveri, scrigni rotondi che conservano la luce del sole, nelle sfumature del tramonto, dentro le foglie. E io cammino in mezzo ai solchi, riempendomi gli stivali di fango, sulle punte come un animale che non volesse interrompere tante conversazioni a livelli sensoriali sconosciuti agli umani. La terra mi s’incolla ai pantaloni e alle mani e riempie la mia macchina con i suoi profumi da generatrice. La pioggia entra nella pelle, perché sono anch’io terra che si strappa, terra che non vuole andare via….

mercoledì 14 dicembre 2005

Merenda, mercatino, Mary



Vintage for you..

Il Circolo degli Artisti non è soltanto uno dei migliori posti a Roma dove sentire ultime tendenze musicali: può anche diventare un luogo della solidarietà. Se qualcuno/a fosse interessato a qualche oggetto tra i sopra fotografati, sappia che verranno venduti a offerta libera nell'ambito della festa per il 25esimo della Cooperativa Meta Onlus, il 21 dicembre, dalle 16,30. Ogni informazione qui.

lunedì 12 dicembre 2005

Too much pressure

Francamente alle volte non so come, per quale motivo, sono così come sono. Molte volte (la maggioranza) questo importa poco, un eventuale riflessione può fluire senza sforzo ed ottenere radici e risposte; alle volte anche rimpianti. Ma alcune volte mi ci arrabbio, mi affronto e mi combatto. Come quando voglio fare troppe cose e non ci riesco perché non ci riuscirebbe nessuno, o quando mi ostino a voler scrivere mentre la testa mi si china pericolosamente sulla tastiera wireless e farei meglio a spegnere.

E dire che lui me lo ricorda sempre...

The life of a creator is not the only life nor perhaps the most interesting which a man leads. There is a time for play and a time for work, a time for creation and a time for lying fallow. And there is a time, glorious too in its own way, when one scarcely exists, when one is a complete void. I mean--when boredom seems the very stuff of life.
Henry Miller

mercoledì 7 dicembre 2005

The prenatalizia syndrome

Appena appare il primo panettone nel discount e si comincia a parlare negli uffici di "non ne posso più del solito Natale", il traffico di Roma impazzisce. Non che ce ne siano più macchine o più furgoncini o più pizzardoni. Non succede nulla di speciale: nemmeno piove, il tempo è clemente, le nuvole favolose e la luce polare perfetta per fotografare, eppure tutti giriamo a 7000, scartando senza rispetto, strombazzando e oltrepassando le righe, sgasando e ingorgando: pedoni, motorini, autobus.

Vorrei che piovesse o nevicasse e che la cosa arrivasse ad un certo parossismo, per dare forse una ragione a tutto questo agitarsi che si calmerà soltanto dopo il passaggio dei ReMagi. Vorrei essere tappata a casa per poter fare i compiti per le vacanze, cioè ripensare in chiave "piccolo pubblico blogger" le cose, importanti o no, che sono state dette e postate a LesBlogs. Lo farò, ma non subito.

Prima datemi un pezzo di pandoro... un ricciarello... dico, ma sono uve di Malaga, quelle??? Mmmh!!!

domenica 4 dicembre 2005

Ai blocchi di partenza

LesBlogs comincia domani. Ah fortunati!!! Loic indica tutti i possibili modi di seguire i post, foto e video. Anche se è da sfegatata, mi sento un po' come quando vedo le partite dei Bleus, o come quando trovo un libro che perseguito da anni... e sono sicuramente non imparziale - non avendo troppo approfondito, per comodità e tempo ristretto per farlo, altri grandi guru dei blog - ma per me rimane il blogger-imprenditore che usa in modo più completo le tecnologie che hanno portato all'uso dei blog e anche che da esso ne sono conseguenza.

Paris vaut bien un LesBlogs...

A walk with Santa Lucia


Corridoio

Se entro in un ospedale con nel lettore l’avvio di The reflex dei DuranDuran, se c’è la carezza del sole invernale che rivendica a sé i corridoi, se nell’atrio c’è insieme odore di latte caldo e di giornali, vuol dire che riuscirò a vincere l’indifferenza obbligata dei medici, o che eviterò il dolore che striscia davanti ai visitatori dei reparti di Analgesia, o che ignorerò il rumore interno dei cuscinetti ben oliati della burocrazia ospedaliera. Avanzo nell'atrio come chi entrerebbe in un albergo, con dietro un cagnolino ipotetico che deve essere visitato dall’oculista; non me, non me. Io ho il terrore sacro degli Hôtel-Dieu della capitale, e insieme l’attrazione assoluta che mi producono i luoghi reputati all’inizio della vita ed ai sudari della morte, dove tutto insieme si muove ed è sospeso all’interno di palazzi decorati o che mezzo nascondono strutture e pietre antiche, targhe avvolte in allori che ricordano vite passate, giardini dove si fanno scoperte archeologiche. Negli ospedali ho passato il tempo che fino a oggi mi è stato assegnato, più molte notti sveglia a guardare dalle finestre il camminare dolce delle ore, con un occhio posto alle flebo di altri a me cari, un orecchio pronto a sentire i campanelli, i carrelli, gli ascensori e soprattutto il silenzio, il silenzio nel quale si vive e si muore.

- Mi dia uno di questi cornetti. Sembrano buoni. Li avrà mangiati anche lei, no? – chiede un uomo abbronzato alla barista quasi cinquantenne, che serve e incassa con la stessa aria severa.
- Io? Sono a dieta… La bocca non la dovrei aprire nemmeno per parlare…

Il sole mi consola, mi spinge a seguire i profili che disegna sui muri. Dopo un cappuccino che smorza un po’ il freddo, mi avventuro per un corridoio vuoto, come cercando qualcosa che non so dov’è. Vorrei fotografare le maniglie antiche di ottone, le curve dei finestroni, un ala in ristrutturazione... Vado verso gli ascensori scuri, che vorrebbero avere voce e mani per impaurire le persone e permettere soltanto il movimento alle barelle, sorelle di metallo.

La luce che entra da una serranda si spezza in mille sfere e scivola sulla parete di Oculistica, interrotta soltanto dall’ombra di una pianta che si agita e trasforma i riflessi in paillettes, una decorazione lussuosa alle file di persone che aspettano per la registrazione o rassegnate in attesa dell’effetto dell’atropina. Anch’io aspetto, e poi leggo come gli altri lettere lontane con addosso la montatura terribile degli oculisti, che mi ferisce la pelle e le guance; un controllo al fundus e poi via, via nella luce che entra a fiotti per il nervo ottico dalla pupilla aperta come un pozzo, schiarendo le ombre e spianando i contrasti.

Viaggio come in una nebbia che si striscia liquida sulle cose; intorno a me un muro d’acqua lenta. Vorrei vedere così per molto tempo, abbagliata: le cose e le persone senza angoli, senza profili che tagliano…